<div><strong>South Korean island of Jeju, known as the island of love, will host a different tribute to love as Museum of Broken Relationships exhibition sets sail on May 5th, 2016. </strong><br><br>And it's big in every way: the exhibition will last for more than 4 months, extends through 4 floors of the <a href="http://www.arariomuseum.org/exhibition/#/dongmun-motel2.php">Arario Museum</a> and features 113 items from all over the world. Sixty-seven of the donated items are from South Korea, along with the largest item ever contributed to Brokenships collection - a real, life size jeep!&nbsp;<br><br>The exhibition will remain opened to October 23rd, 2016.</div>

Loveships have conquered Jeju Island

... Kaufland ... 

<div>Have you ever had your heart broken? Do you own an object that won’t let you forget?<br>Has heartbreak left you with a sound that still lingers—a song, a voice, an audio memory you can’t quite shake?</div><div>Here’s your chance to let go and give it a new home!<br><br></div><div>We are thrilled to announce our collaboration with the Music Biennale Zagreb for their upcoming 33rd edition, themed <em>Broken Relationships</em>. This years' theme draws inspiration from our Museum concept and explores artistic interpretations of heartbreak and human connection.<br><br>As a part of this collaboration, we are curating a <strong>pop-up exhibition </strong>that will be on display from<strong> March 20 to April 20, 2025</strong> in Museum of Broken Relationships, Zagreb.</div><div>This exhibition will feature break-up stories intertwined with music, sound, and the personal objects that tell these tales.&nbsp;<br>We are inviting you to donate objects, sounds, or music tied to your own break-up story.&nbsp;</div><div><strong>&nbsp;</strong></div><div><strong>How to donate?&nbsp;</strong></div><div>&nbsp;</div><div>Just fill in the donation form <a href="https://brokenships.com/?open=contribute&amp;selectedMuseumId=02122fb9-ceff-48ec-81af-678c53e3281f">here</a>.&nbsp; After submission, you will receive a confirmation e-mail with a printable version of the form and further instructions.<br>If you have any concerns or questions please <strong>contact us </strong>at: <a href="mailto:charlotte@brokenships.com?subject=Brokenships%20x%20MBZ%2033"><strong>charlotte@brokenships.com</strong></a></div><div>&nbsp;</div><div><strong>Donations can be made from November 25th, 2024 to January 25th, 2025.</strong></div><div>&nbsp;</div><div>Please note that all donations become part of the Museum’s collection and may be showcased in Zagreb or in exhibitions worldwide.&nbsp;<br>All donations are exhibited anonymously and are non-returnable.</div>

MBZ 33 x Brokenships

**The big chance**

Conosco *"big"* alla fine di una corsa, nel lontano 2018. Lui mi piace subito, sia fisicamente che intellettualmente. Bianchiccio di carnagione, fisico asciutto, alto. Ha una mente dinamica, cultura presente, congiuntivi impeccabili.

Il curriculum è anticipato dal suo fascino, non so perché, ma c’è.

C'è una sintonia difficile da ignorare, tanto che passiamo una settimana intera a messaggiarci fino alle due di notte. Eravamo in due città diverse, fisicamente separati, ma quella distanza sembrava dissolversi ogni volta che ci scrivevamo. Le ore si accorciavano, i chilometri anche. Quando ti piace qualcuno il sonno non lo senti, mai. Ti si intorpidiscono le mani dopo ore passate a scrivere, ma non importa. Era uno scambio così intenso che sembrava di aver incontrato l’altra metà del dialogo perfetto.

Poi, puff! Sparito. Nessun messaggio, nessun segnale di fumo. E anch’io, va detto, non l’ho cercato. Si è persa quella connessione, così, senza preavviso, e per anni non ci ho pensato più. La vita è andata avanti, come fa sempre.

Passano cinque anni.

Settembre, una giornata qualsiasi, e big rispunta sui social con un messaggio. All’inizio penso a un errore, ma poi no, è proprio lui. E da lì riparte tutto: un vortice di messaggi, conversazioni interminabili, parole che accendono mente e cuore. In un mese, ci scambiamo tutto – o quasi. Ci sono le battute, le confessioni, anche il sesso, quello mentale, che ti scuote più di qualsiasi altra cosa. Non ci sentiamo nemmeno vocalmente, a parte un paio di frasi strategiche per alimentare l’eccitazione del momento. Ma va bene così, le sinapsi funzionano, siamo dei microchip viventi. L’intesa c’è, forte e nitida.

Poi, mi faccio coraggio. Provo a portare questa connessione fuori dallo schermo, nel mondo reale. Gli propongo di vederci. E lì, SBAM: un muro. Fitte parole di scuse, dure, fredde. Capisco che non c’è spazio per me in quel momento. Rispondo con un cuore di silenzio profondo – il mio ultimo gesto di dolcezza – e lascio andare. Dentro di me vorrei urlargli tutto quello che penso, ma so che non servirebbe.

Passano i mesi. Il filo rosso tra noi non si spezza, anche se è ormai ridotto a un filo di seta sottile. Ci scriviamo sporadicamente. Io gli mando canzoni, lui risponde, ma sempre con un’assenza di fondo.

Arriva Natale, e decido di fargli un regalo: un bracciale.

Era semplice: un cordone legato dalla coda di una balena, in acciaio. L’avevo scelto pensando a lui e mi piaceva l’idea che lo ricevesse, inaspettatamente. Io ne avevo uno identico, e mi faceva stare bene immaginare che lo indossasse anche lui. In un qualsiasi giorno di dicembre lo riceve. Lui lo apprezza, o almeno così dice. Ma io comincio a capire: tutto questo sforzo, tutta questa dedizione, non stanno trovando terreno fertile.

Decido di dargli un’ultima chance. 

A febbraio vado a Verona per una corsa e glielo dico. Gli scrivo che sarò là e che, se vuole, possiamo vederci per un caffè. Sparisce di nuovo, e giorni dopo, al gate dell’aeroporto, leggo il suo messaggio: una scusa maldestra. “Mi sono dimenticato.” Dimenticato? Davvero?

Stavolta capisco. Rispondo con un cuore – sempre quel cuore – e lascio andare. Avrei voluto urlare, ancora una volta, ma no. Ho capito che non c’era nulla da fare. Lui non era pronto, e io? Io volevo solo guardarlo negli occhi, vedere se quella connessione fosse vera e avesse un senso dal vivo o fosse solo dentro le mie sinapsi.

Poi, un giorno, un click nella mia testa: mi arrendo. Cancello tutto, smetto di scrivere, di fare qualsiasi cosa. Indovina? Lui torna. Ha visto online una stories e ha scoperto che parteciperò a una corsa a Roma. “Se ti va, io sono lì per lavoro, probabilmente possiamo vederci.”

Con le vite che ci tenevano distanti, incontrarsi non era mai stato semplice. Ma questa volta, trovarci nello stesso luogo, nello stesso momento, sembrava la cosa più naturale del mondo.

Questa volta ci incontriamo davvero. Chi la ferma la curiosità?

Il Colosseo e un bar qualsiasi ci accolgono in un sabato pomeriggio di ottobre. Quei minuti insieme sono una magia sospesa. Armonia, sguardi, silenzi pieni di tutto. Imbarazzo, ironia, e quell’essere spocchiosi comunisti che illumina quel tavolino all’angolo, mentre la gente va e viene senza fermarsi.

Quando ci salutiamo, mi bacia sulla guancia. Io, più coraggiosa, gli dico: “Ma come, non mi saluti davvero?”. E allora ci baciamo. Due, tre volte. Quei baci adolescenziali dati sopra i quarant’anni, goffi e teneri insieme.

*Everything was in the right place* avrebbero detto i Radiohead.

Poi, come sempre, il silenzio. Quello sordo, quello pesante, quello che mi ha insegnato a non farmi più piccola per chi non sa accogliere ciò che ho da offrire.

Ho smesso di donare amore a chi non lo vuole, a chi ha paura di cadere ferito o a chi vede solo se stesso. Ma so che io sono quell’amore.

Ho deciso di donare il bracciale e questa storia al Museo delle Relazioni Interrotte per dare un senso a tutto. Non basta vedere nell’altro ciò che potrebbe essere. Non basta credere in lui. Ci vuole coraggio e voglia di tenere il passo, insieme, per andare oltre.

*big* sarà sempre big, per me. Non perché è stato, ma proprio perché non è mai stato davvero.

PD: Alto, l’uomo più alto che questa piccola *sarda* abbia mai baciato.